Assemblamenti

In un’epoca nella quale l’informazione on the line è quella più gettonata, veloce, pratica, accessibile e aggratis, ci sforziamo sempre meno di informarci. Un paio di anni fa, gli eventi pandemici ci hanno costretti a tenerci aggiornati per capire se fare scorta di carta igienica oppure no, se diventare sportivi accaniti solo per pigliare aria, se improvvisarci pizzaioli a discapito di chi avrebbe assaggiato le nostre creazioni culinarie. Poi sono arrivati i vaccini e la nostra straordinaria capacità di non capirci una mazza, si è mossa in un mare di effetti collaterali indesiderati come morte quasi certa, 5G, magnetismo e il rischio di diventare l’incredibile Hulk. Per non parlare delle tipologie di mascherine che ci avrebbero protetti dall’infezione, quella egoista, altruista e fancazzista.
Adesso che il Covid comincia a lasciarci in pace, siamo bombardati dalle sconcertanti notizie che di pacifico, ahimè, non hanno un bel niente. Ed è proprio in queste occasioni che viene fuori l’incapacità di leggere e comprendere articoli di giornali, normative, vicende politiche, economiche e sociali. Quanto più non abbiamo la benché minima idea di cosa stiamo parlando tanto più diventiamo chiacchieroni. Siamo così arroganti da limitarci a vedere di sfuggita il titolo di un articolo per credere di saperne il contenuto, esser certi della sua veridicità e divulgarlo a la qualunque.

Questo atteggiamento superficiale, ignorante e limitato non riguarda solo la comprensione di ciò che accade intorno, ma anche tutta una serie di attività quotidiane che richiedono funzioni cognitive legate al calcolo, alla lettura, scrittura e alla comprensione del testo. In sostanza, anche se abbiamo frequentato la scuola e ci siamo laureati venti volte, potremmo essere ANALFABETI FUNZIONALI.

Che vuol dire?

Bianco, rosso e Verdone© (1981). Regia di Carlo Verdone. Prodotto da Medusa Distribuzione.
Secondo l’Unesco, l’analfabetismo funzionale è “la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. Se consideriamo l’alfabetizzazione come l’apprendimento delle capacità di leggere e scrivere dettato dalla scolarizzazione, possiamo concepire l’alfabetismo funzionale come la possibilità di usarle nel concreto quando andiamo a fare la spesa, quando leggiamo una bolletta o gli orari dell’autobus. Ma cosa distingue un analfabeta da un analfabeta funzionale?

Vediamo le caratteristiche di chi ha, per così dire, imparato a memoria la lezione:

– incapacità di comprendere adeguatamente testi o materiali informativi pensati per essere compresi dalla persona comune: articoli di giornale, contratti legalmente vincolanti, regolamenti, corrispondenza bancaria, cartine stradali, dizionari, enciclopedie, foglietti illustrativi di farmaci, istruzioni di apparecchiature;

– scarsa abilità nell’eseguire anche semplici calcoli matematici, ad esempio riguardanti la contabilità personale o il tasso di sconto su un bene in vendita;

– scarse competenze nell’utilizzo degli strumenti informatici (sistemi operativi, uso della rete, software di videoscrittura, fogli di calcolo, ecc.);

– conoscenza dei fenomeni scientifici, politici, storici, sociali ed economici molto superficiale e legata prevalentemente alle esperienze personali o a quelle delle persone vicine; tendenza a generalizzare a partire da singoli episodi non rappresentativi; largo uso di stereotipi e pregiudizi;

– scarso senso critico, tendenza a credere ciecamente alle informazioni ricevute, incapacità di distinguere notizie false dalle vere e di distinguere fonti attendibili e inattendibili.

A questo punto, qualcuno potrebbe pensare, Vabbè cavoli loro. Siamo sicuri che non siano affari di tutti?

Lo studio Literacy at Work, pubblicato dal Northeast Institute nel 2001, ha riportato che le perdite economiche relative ad errori e bassa produttività derivante dall’analfabetismo funzionale, risalgono alla bellezza di miliardi di dollari l’anno. E non finisce qui.

Gli analfabeti funzionali sono quelli più soggetti a intimidazione sociale, bassi guadagni e varie forme di stress. Questo significa che esiste una relazione con la criminalità da non sottovalutare. Agli inizi del XXI secolo, è stato visto che il 60% dei detenuti nelle carceri degli Stati Uniti fosse funzionalmente analfabeta, così come l’85% dei delinquenti minorenni.

Atra terribile conseguenza del fenomeno in questione, è la disinformazione e la diffusione di fake news, soprattutto quando possono mettere a rischio la vita delle persone, come nel caso di vaccini e terapie alternative.

Come stiamo messi in Italia?

Tanto per cambiare, molto male e ce lo confermano i recenti dati raccolti da OCSE-PIAAC. Pare infatti che, su un campione di persone dai 16 ai 65 anni di età, l’analfabetismo da testi in prosa (es. lettura di articoli di giornale), sia presente nel 28% della popolazione che risulta poco sveglia ma comunque più in gamba dei turchi, cileni e indonesiani. A pari merito troviamo Israele e Spagna. Tutto il resto del mondo sa seguire le istruzioni per cucinare i popcorn al microonde.

Come si può migliorare questa situazione?

Per prima cosa andando a cercare in autonomia cosa è l’OCSE-PIAAC.

In secondo luogo sarebbe necessario favorire una scolarizzazione che non si limiti all’insegnamento del modo in cui si legge e scrive, ma che investa tempo nello sviluppo e potenziamento della capacità di essere socialmente attivi, consapevoli e pratici nelle attività di tutti i giorni. Impegniamoci ad essere curiosi, attenti e responsabili nella ricerca e divulgazione delle informazioni, e se non ne sappiamo niente, consideriamo la possibilità di starcene zitti.

Un popolo che non sa né leggere né scrivere, è un popolo facile da ingannare.
Che Guevara