I bambini lo sanno

Sempre più frequenti sono le problematiche che coinvolgono la sfera dell’infanzia: disturbi comportamentali, di adattamento, dell’apprendimento e ormai anche il disagio esistenziale vero e proprio. Manifestazioni espresse dai più piccoli che suscitano nell’intero nucleo familiare preoccupazione, ansia, paura e spesso fastidio, nervosismo e difficoltà di gestione della routine quotidiana. In questo scenario di incomprensione e sbigottimento, entra in scena anche la scuola con la sua didattica, i metodi punitivi e la forte necessità di essere guidata per agire al meglio.
Nella migliore delle ipotesi, il bambino “problematico” viene portato in terapia con l’idea genitoriale di aggiustarlo e renderlo il miglior bambino del mondo: un bravo ometto che a scuola va bene, che gioca ma non troppo, che non si sporca, che si arrabbia ma con garbo, che piange ma per poco tempo, che fa la cacca al profumo di rose. I sintomi nell’infanzia sono un fatto serio che va considerato con attenzione, ma è importante che i genitori vengano supportati nel riconoscere che il bambino non fa altro che esprimere le difficoltà prodotte e derivanti dall’intero contesto di appartenenza; è come se il piccolo della famiglia si rendesse portavoce di tensioni, litigi, mancanze ed emozioni assorbite tra le mura di casa. Ecco perché la psicoterapia rivolta ai bambini deve rendere partecipi anche in genitori, favorendone una crescita personale che vada di pari passo con quella del figlio.
In cosa consiste la psicoterapia con i bambini?
Hook-Capitan Uncino (1991)©. Diretto da Steven Spielberg. Scritto da J. M. Barrie, James V. Hart, Nick Castle, Malia Scotch Marmo. Distribuito da Columbia Tristar Films.
Il gioco è il mezzo privilegiato per accedere al mondo del bambino. Non si tratta di una perdita di tempo o di un modo per intrattenere il piccolo nella stanza di terapia, ma di uno strumento molto efficace e accessibile, che non richiede necessariamente di parlare, utilizzando per lo più la gestualità. I giochi sono vari e diversi ed in base all’uso che se ne fa possono favorire l’espressione di emozioni represse, l’elaborazione di eventi stressanti e la comprensione di dinamiche familiari.
Vediamo, in particolare, quali sono i poteri terapeutici del gioco.
Secondo la Gestalt “l’unica via d’uscita è attraverso” e questo significa che il miglior modo per superare una difficoltà o sofferenza è viverla a pieno e quindi profondamente. Nel caso dei bambini, il gioco di ruolo dove ci si identifica con le parti e i personaggi di una storia, può risultare un canale ottimo per la cosiddetta abreazione, ovvero la scarica emozionale di eventi traumatici anche antichi: la possibilità di rivivere un trauma permette di sentirlo e conoscerlo di più. In modo diverso, l’uso di colori, pennelli e disegni, libera l’inconscio del piccolo che proietta su di essi il proprio mondo interno. Giochi come le freccette o giochi da tavolo, come le carte o la battaglia navale, stimolano la sfida e la competizione risultando utili per rimodellare il comportamento, favorendo l’adesione a regole, il rispetto dei turni e il contatto con la frustrazione derivante dalla sconfitta; incentivano, inoltre, la fiducia in sé, l’autostima e il riconoscimento delle proprie qualità quando, al contrario, il bambino può godersi una straordinaria vincita. Delle volte, proporre al piccolo giochi che prevedano l’utilizzo di armi giocattolo o il lancio di pugni contro un cuscino gommoso, possono alimentare una vera e propria catarsi attraverso cui esprimere la rabbia e l’aggressività in modo controllato, congruo e adeguato al contesto. Un altro processo essenziale e terapeutico del gioco è il controcondizionamento, che favorisce l’esperienza diretta di situazioni spiacevoli per il bambino, come ad esempio la paura del buio; in questo senso si può creare un gioco che preveda le luci spente e quindi conceda il vissuto dell’oscurità in chiave differente.
Nella mia attività professionale, la psicoterapia rivolta ai bambini, coinvolge i genitori nel processo di trasformazione e accettazione tanto del figlio quanto di se stessi, attraverso un ripristino dei ruoli nel nucleo familiare. Impariamo a dar valore alle sofferenze dei più piccoli e, di tanto in tanto, ricordiamo di esser stati anche noi bambini.
“Con le mani sporche fai le macchie nere,
vola sulle scope come fan le streghe.
Devi fare ciò che ti fa stare,
devi fare ciò che ti fa stare bene.
Soffia nelle bolle con le guance piene
e disegna smorfie sulle facce serie.
Devi fare ciò che ti fa stare,
devi fare ciò che ti fa stare bene.”
Ti fa stare bene – Caparezza.