Memorie inaffidabili

I ricordi definiscono chi siamo, le nostre esperienze, più o meno piacevoli, e gli obiettivi raggiunti. Alcuni li recuperiamo nella mente in modo immediato, dettagliato, come se fossero presenti; altri facciamo fatica a vederli, finiscono nella parte più intima di noi, senza che ce ne rendiamo conto, risultando nebulosi e lontani, cancellati da una forzata volontà protettiva che ci tutela. E se ci confrontiamo con qualcuno che ha vissuto con noi la stessa esperienza, restiamo colpiti da quanto la versione dei fatti sia molto diversa dalla nostra. È pur vero che la selezione dei particolari da ricordare è personale e soggettiva, varia in base al coinvolgimento emotivo o alla personalità, ma di fatto il tempo modifica il ricordo e chi lo racconta. Per non parlare poi di quelle memorie che abbiamo reso nostre solo perché ci sono state narrate, che riguardano, ad esempio, episodi d’infanzia di cui ci parlano i genitori.
Ma possiamo fidarci della nostra memoria?
Memento© (2000). Scritto da Christopher e Jonathan Nolan. Diretto da Christopher Nolan. Prodotto da Newmarket Films, Summit Entertainment, Team Todd.
Elisabeth F. Loftus, psicologa statunitense, si dedicò a lungo allo studio della memoria, volendo approfondire due fenomeni interessanti: il Misinformation Effect e i falsi ricordi. Di cosa si tratta?
Il cosiddetto effetto dell’informazione sbagliata indica una sorta di errore cognitivo per cui l’acquisizione di informazioni errate può creare nelle persone ricordi distorti di un evento. Nello specifico, nel 1974 Loftus e Palmer, psicologo dell’università di Washington, verificarono in che modo il linguaggio potesse influenzare l’interpretazione di un evento e la sua conseguente memorizzazione. I due ricercatori idearono un esperimento nel quale veniva mostrato ai volontari il video di un incidente automobilistico; poco dopo, veniva chiesto loro di indicare a quale velocità andassero i veicoli coinvolti. Tale domanda, però, venne fatta utilizzando verbi diversi quali, contatto, urtare, sbattere, scontrare, schiantare. Quando la domanda era “a quale velocità hanno urtato i due veicoli?”, la risposta era 55km/h, quando la domanda era, invece, “a quale velocità si sono schiantati i due veicoli?”, la risposta era 65km/h. Loftus e Palmer spiegarono questi risultati sostenendo che l’individuo difficilmente ricorda di un evento particolari inerenti quantità numeriche come distanza e velocità, e per tale motivo, si serve delle parole con le quali la traccia mnemonica è stata registrata.
Diversamente, i falsi ricordi sono memorie nelle quali alcuni dettagli di un evento passato non sono reali. Il rischio di creare false memorie è dietro l’angolo, soprattutto quando parliamo di testimonianze e interrogatori riguardanti reati penali. La dottoressa Loftus si interessò anche ad esse, provando a indurre un gruppo di persone, a ricordare un episodio mai accaduto nelle loro vite. Questa volta, per svolgere l’esperimento si servì della collaborazione della collega Jaqueline E. Pickrell. Si stabilì, sin dall’inizio, che la falsa memoria in questione non avrebbe dovuto causare uno stress emotivo eccessivo ma solo un piccolo “trauma”. Il gruppo sperimentale era composto da 24 persone dai 18 ai 53 anni, le quali dovevano ricordare di essersi persi in un centro commerciale all’età di 5 anni. Per ogni partecipante venne preparato un libretto contenente eventi d’infanzia realmente accaduti (appresi da persone a lui vicine) assieme all’evento falso; successivamente veniva chiesto loro di annotare quale di questi episodi non ricordavano affatto. Il 25% dei volontari, risultò del tutto convinto di aver vissuto il falso ricordo.
Questa ricerca evidenzia quanto sia tutto sommato facile persuadere qualcuno dall’aver vissuto un evento mai verificatosi, soprattutto quando la falsa memoria è trasmessa da persone vicine, parenti e amici o da individui che rappresentano l’autorità.
Ebbene no, non possiamo fidarci della nostra memoria credendo che tutto ciò che ricordiamo sia indicativo di come sono andate le cose. Non esiste il ricordo oggettivo, ma solo il vissuto personale delle esperienze ed è questo, in fin dei conti, ciò che conta. Quando in terapia riaffiorano ricordi sepolti da tempo ma che influenzano la vita di oggi, nessuno può sapere se sono accaduti realmente oppure no. Possiamo solo attenerci ad accoglierli e ascoltarli, così come si presentano nel corpo e nella mente per dare senso e continuità all’esistenza.
C’è da dire, però, che in campo giuridico è tutta un’altra storia.
Il ricordo delle cose passate non è necessariamente il ricordo di come siano state veramente.
Marcel Proust