Diversi anni fa, quando ero giovane e in forma, scelsi di chiudere il mio account Facebook per provare l’ebrezza di vivere senza la continua e assillante connessione con gli altri. Ricordo che inizialmente ne sentii la mancanza perché di fatto era una forma di cazzeggio che non richiedeva impegno, ma poco dopo cominciai a percepire la libertà dal dover leggere le notifiche, i messaggi e dal dare attenzione a cose per cui non nutrivo realmente interesse. In questo periodo di astinenza, notai una cosa che mise in dubbio la mia scelta. Mi resi conto, infatti, di quanti eventi e situazioni sociali in città venissero pubblicizzati solo lì, motivo per cui se smettevi di farne parte finivi per perderti qualcosa a cui avresti partecipato volentieri. Mi riferisco ai piccoli concerti nei locali, alle presentazioni di libri, alle nuove aperture e, perché no, anche alle gite organizzate sul Gargano. La sensazione era quella di essere fuori dal mondo, anche se chiaramente non lo ero affatto. Oggi la paura che questo si verifichi, prende l’aspetto di un disturbo chiamato FOMO, sempre più diffuso tra gli adolescenti.
Fomo è l’acronico di fear of missing out, che letteralmente significa “paura di essere tagliati fuori“. Si tratta di una forma di ansia sociale nella quale c’è la costante preoccupazione di non partecipare a eventi sociali che possono risultare gratificanti. La compulsione nel tenersi sempre aggiornati tanto sugli eventi, quanto sulle vite degli altri, si collega alla presenza ormai necessaria sui social network e quindi alla dipendenza da smartphone. L’idea emergente è quella secondo cui se si resta connessi e disponibili si ha maggiore possibilità di interagire socialmente. Questo risponde chiaramente al bisogno insito nell’individuo di interagire con gli altri e di far parte di qualcosa. Soprattutto durante l’adolescenza, gli strumenti social diventano essenziali e di vitale importanza per rapportarsi con i pari, soprattutto quando non ci si sente in grado di farlo nella realtà, a scuola o in altri contesti. Il gruppo dei coetanei, in questo periodo critico della crescita di una persona, diventa centrale nel sostegno e nella condivisione dei propri vissuti. Più si è popolari, più si susciterà negli altri interesse e attrazione, maggiore sarà la pienezza della vita sociale. La fame di riconoscimento e approvazione, dunque, che la si soddisfi nella realtà o sul web non fa più differenza.
La FOMO è legata anche alla Nomofobia, ovvero alla paura di esser privati del proprio smartphone o di restare senza connessione. In senso più ampio, i sintomi legati ad essa possono manifestarsi in caso di furto, sottrazione forzata (immaginate in ambito scolastico), batteria scarica o zone prive di connessione. Si manifesta, quindi, un fortissimo stato d’ansia dal quale l’adolescente si protegge portando sempre con sé un carica batteria o tenendo d’occhio il credito sul telefono. Altro sintomo legato a questa forma di fobia è la sindrome da vibrazione fantasma che, come intuibile, induce a sentire la vibrazione di notifiche inesistenti.
In altri termini, si verifica un controllo sociale che difficilmente si può attuare nel mondo reale. Si cerca di creare un’immagine di sé che possa essere apprezzata e riconosciuta dalle persone che ci interessano, attirando anche l’invidia di quelle che non sopportiamo. Siamo noi a scegliere i post, i selfie, la musica e i meme che più ci piacciono e quando otteniamo tanti likes, visualizzazioni o followers, la nostra autostima sale come per magia.
Siamo dotati di un sistema di controllo sociale in grado di rilevare la minaccia di essere respinti ed è sulla base di questo che calibriamo il nostro modo di essere online. La FOMO attiva tale sistema e la conseguenza può gravare anche sulla salute fisica. Per capirci, quando un ragazzo intuisce la possibilità di essere attaccato o rifiutato, patisce il cosiddetto dolore sociale che, secondo alcuni studi, ha connessioni neurali in comune con il dolore fisico; ne conseguono disforia, stati depressivi e aumento compulsivo della partecipazione ai social. Non dimentichiamo che un’alterazione degli stati emotivi porta inevitabilmente a problemi nella sfera cognitiva e fisica della persona. Il risultato è una coscienza di sé annullata assieme ad un’individualità compromessa.
Questi sono solo alcuni dei disagi che vivono i più giovani, in un’era digitale colma di richieste e aspettative. Le insicurezze, la competizione e la voglia di esser accettati, ha coinvolto anche le generazioni precedenti, ma oggi il web ha aperto le porte a nuovi modi di interagire, diversi ma altrettanto importanti, che non possiamo ignorare né tanto meno svalutare. Smettiamola di ricordare di quando si giocava a pallone per le strade o di quando c’erano le mezze stagioni. Oggi non è più così. Forse è il caso che anche i meno giovani ammettano di essere segretamente iscritti a Tik Tok e di sbirciare su Facebook che fine hanno fatto i vecchi compagni di scuola.
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