Crescendo, ci son cose che otteniamo. Prima i successi scolastici, poi quelli professionali, poi ancora quelli familiari o di indipendenza. In questa scalata, difficile e piena di ostacoli, ci sono momenti in cui ci arrabbiamo, altri nei quali ci deprimiamo e altri ancora, i migliori, nei quali recuperiamo le energie, le forze e ci rimettiamo in cammino. Di fondo, dietro sbalzi di umore e attimi di sconforto, c’è un nucleo, una sorta di centro vitale che pulsa con prepotenza e ci ricorda che siamo vivi e le possibilità sono infinite Lo sentiamo vibrare in contrasto con un’apatia che vuole soffocarlo. Un senso di rassegnazione che arriva con le sconfitte, i fallimenti, gli schiaffi sulla faccia e gli innumerevoli rifiuti. Quando siamo giovani o nella prima età adulta, pare che senza troppi sforzi la nostra vitalità emerga e combatta con determinazione contro la parte più molle di noi, che vuole risucchiarci nel giudizio di noi stessi, nei limiti e nella frustrazione di chi si accontenta.
Succede però qualcosa, quando gli anni passano e, a conti fatti, non ci manca davvero nulla. Svolgiamo il lavoro che avremmo sempre voluto fare, anche ben pagato, viviamo con la famiglia che con amore abbiamo creato, e tutto fila liscio come l’olio. Il quotidiano è scandito da saluti fatti di corsa a moglie e figli, una professione ripetitiva che facciamo sempre allo stesso modo, un fine giornata in cui ceniamo, guardiamo un po’ di tv e ci corichiamo con la sensazione di non aver imparato nulla. Tutto è regolare, anche troppo. Lo spirito si appiattisce, l’energia e la creatività diventano solo un lontano ricordo e la vitalità si spegne lentamente.
Sentiamo di aver bisogno di una scossa, di un risveglio, di un quid che ci permetta di riprendere in mano la nostra esistenza. Non siamo interessati ad un elisir di lunga vita se ci condannerebbe a campare così per sempre, ma forse ciò che serve è una pozione di giovinezza. Sì, perché nella gioventù che vediamo intorno a noi, nelle piazze e nelle scuole, notiamo quella spensieratezza, leggerezza e gioia di vivere che abbiamo lasciato andare per troppo tempo, ritrovandoci soli e senza speranze. Invecchiamo nell’anima ancor prima di esser invecchiati per davvero, trascinandoci in giornate tutte uguali dove abbiamo anche smesso di ridere.
Ciò che viene meno è la sete di vita, di stimoli, di curiosità e di esperienze. Non è scritto da nessuna parte che le giornate debbano essere tutte uguali, né tanto meno che siam tenuti a lasciarle scorrere davanti ai nostri occhi come se niente fosse. C’è un bambino dentro di noi, sedato da idee e regole che stabiliscono come deve essere un adulto serio. Abbiamo smesso di ascoltare la musica che più ci piace e di cantare a squarciagola le canzoni preferite; abbiamo dimenticato com’è ballare sapendo che qualcuno ci sta guardando. Non abbiamo più voglia di trovare il tempo per giocare, disegnare o scrivere poesie. Siamo costantemente stanchi e appesantiti da una vita senza divertimento.
E allora come si fa?
Certo, non possiamo mica ricominciare a fare i ragazzini, bevendo a più non posso o imbattendoci in avventure sessuali occasionali. Imitare i comportamenti adolescenziali ci farebbe solo sentire ridicoli e fuori luogo.
Iniziamo, invece, ad ascoltare la nostra parte più giovanile, quella che se ne fotte di cosa penserebbero gli altri perché la spinta a esprimere se stessi è troppo forte per tenerla a bada. Riscopriamo la freschezza di un centro vitale in essere, in evoluzione, dove ogni giorno è una scoperta e tutto può rivelarsi una piacevole conquista. Riviviamo i rapporti con intraprendenza, devozione e passione. Raccontiamo le nostre giornate con entusiasmo e le emozioni con onestà e intensità. Inventiamo e diamo sfogo alla fantasia ogni volta che ci va. E di tanto in tanto, concediamocela una sregolatezza, una piccola grande follia o una trasgressione che ci ricordi cosa vuol dire avere i postumi di una sbornia.
In altre parole, impariamo a esistere con gioia.
“Trova l’estasi. Il solo scopo della vita è godersela.”
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